Misurazione dell’intensità Acustica

Un sistema di misura dell’intensità dovrebbe incorporare una sonda in grado di rilevare pressione acustica e velocità delle particelle d’aria: tali sonde, dette “p-u”, sono state sinora poco impiegate a causa delle difficoltà tecniche e degli errori che si verificano nella trasduzione diretta della velocità.
Solo molto recentemente sono state rese disponibili sonde p-u affidabili e maneggevoli, e conseguentemente la gran parte degli operatori stanno tuttora impegnando, sonde tradizionali di tipo “p-p”, in cui la misura della velocità delle particelle è indiretta, basata sull’uso di una coppia di microfoni sensibili alla pressione sonora.
E’ possibile determinare il valore della velocità ( ) t P u , per via indiretta utilizzando due trasduttori di pressione, nominalmente identici, posti ad una certa distanza d uno dall’altro. Quando un’onda, che supporremo piana e progressiva, passa lungo la congiungente di questi due microfoni, questi ultimi danno due segnali di pressione diversi 1 p e 2 p . Fra 1 p , 2 p e la velocità (espressa come derivata dell’accelerazione) esiste il legame dato dall’equazione di Eulero (l’accelerazione è proporzionale al gradiente di pressione, ottenuta per una certa direzione dalla più generale legge di Newton ma F = ):

dove Po è la densità del mezzo elastico (aria) non perturbato. La misura della differenza di pressione viene effettuata lungo la direzione n tra i due microfoni.
L’equazione di Eulero può quindi essere riscritta nel seguente modo, dove viene esplicitato il gradiente nella direzione n:

Per ottenere la velocità istantanea delle particelle si deve integrare nel tempo l’espressione precedente:

Per uno strumento digitale fare l’integrale nel tempo è facile (è semplicemente la somma dei valori campionati nel tempo). Il problema riguarda la determinazione del gradiente di pressione che, per la definizione di gradiente, dovrebbe essere determinato su una distanza infinitesima. Poiché si utilizzano due microfoni posti ad una certa distanza d, quello che si ottiene non è un vero gradiente ma una differenza finita ottenuta dal rapporto fra la differenza di pressione nei due microfoni e la distanza d che li separa. Tale approssimazione può essere utilizzata con errori contenuti solo se la lunghezza d’onda è molto maggiore della distanza d tra i due microfoni.
Il principio della sonda “p-p” si fonda sull’impiego di un’approssimazione alle differenze finite per
valutare la componente di velocità lungo l’asse della sonda.

I limiti delle sonde p-p
I limiti della tecnica intensimetrica sono dovuti principalmente agli errori di misura che si
commettono con l’apparato di trasduzione di tipo p-p, e conseguentemente alla difficoltà di misurare l’intensità attiva in campi acustici molto reattivi.

I principali tipi di errore che si possono verificare con le attuali strumentazioni disponibili sono i
seguenti:
• errore dovuto all’approssimazione alle differenze finite;
• errore di fase;
• errore casuale.
L’errore dovuto all’approssimazione alle differenze finite determina limitazioni nel campo di alte
frequenze utilizzabili per determinate distanze tra i due microfoni in quanto il gradiente di pressione e la pressione nel punto di mezzo tra i due microfoni sono approssimati da due misure di pressione sonora. Un errore inferiore a 1 dB si raggiunge se la lunghezza d’onda misurata è sei volte superiore alla distanza di separazione tra i due microfoni.
Per lunghezze d’onda molto maggiori della distanza d (cioè per basse frequenze) l’errore che si
commette è quindi trascurabile. All’aumentare della frequenza l’errore che si commette inizia ad
essere rilevante.

Lo sfasamento dei due microfoni determina un errore in quanto la misura con la tecnica “p-p” della velocità delle particelle è basata sulla misura del gradiente della fase della pressione. L’intervallo di tempo che necessita l’onda sonora per coprire la distanza tra i due microfoni rappresenta il cambio di fase “acustica”, che può essere misurato in gradi. Infatti la forma dell’onda, variando spazialmente, avrà in due punti diversi due diversi valori di fase.

Due microfoni da misura, per quanto scelti in modo da avere caratteristiche il più possibile simili, presentano sempre una piccola differenza fra le loro risposte in fase, che può arrivare ad essere inferiore a ±0.3° nei casi migliori. Per avere nelle misure un errore inferiore ad 1 dB occorre avere il cambio di fase “acustica” nel percorrere la distanza fra i microfoni pari ad almeno 5 volte lo sfasamento “fittizio” derivante dall’imperfetta similitudine fra le capsule microfoniche impiegate.
Come mostrato in figura 2.4, in presenza di alte frequenze il cambio di fase tra i microfoni è elevato (nell’esempio di figura 60°) che paragonato a ±0,3° dell’errore di fase fra i microfoni dà un errore insignificante.
Quando invece la lunghezza d’onda aumenta (alle basse frequenze) il cambiamento di fase “acustica” diminuisce (nell’esempio 1°) che paragonato sempre ad uno sfasamento di ±0,3° dà un errore significativo. Per porre rimedio a questo inconveniente occorre alle basse frequenze aumentare la distanza tra i microfoni, in tal caso aumenterà anche il cambiamento di fase “acustica” tra essi

I microfoni non sono mai perfettamente uguali ed avranno in generale una diversa sensibilità ed una diversa risposta in fase. L’accoppiamento in ampiezza può essere facilmente corretto mettendo il calibratore dapprima su uno e poi sull’altro e regolando il guadagno dei due canali sullo strumento in modo da avere lo stesso segnale su entrambi. Molto più difficile è la compensazione di un eventuale errore di fase. Se due segnali sono fra loro sfasati si legge una differenza che è maggiore di zero anche quando si sta dando lo stesso segnale ai due microfoni. Si montano allora i due microfoni faccia a faccia sul calibratore e si va a vedere cosa segna lo strumento. Se i due microfoni sono in fase lo strumento segna zero, viceversa si otterrà una intensità residua.

Gli errori casuali si possono verificare facilmente in condizioni di campo vicino, in presenza di alti livelli di rumore di fondo o in presenza di più sorgenti indipendenti all’interno della superficie di misura. In generale, l’errore casuale cresce con l’indice di reattività del campo sonoro.
Per la descrizione del campo acustico e delle prestazioni dell’apparato di misura vengono definiti alcuni indici che permettono di verificare la validità delle misure intensimetriche.
La reattività di un campo sonoro può venire espressa (impropriamente) dall’indice pressioneintensità che in condizioni di pressione e temperatura ambiente vale:

Per onde piane progressive in campo libero, cioè quando il campo è solo attivo, allora. 0 = pI δ Quanto più il campo diventa reattivo tanto più diminuisce il livello di intensità e cresce l’indice pressione-intensità (perlomeno nei casi più comuni). Per avere un errore inferiore ad 1 dB sulla misura del livello di intensità, a causa della reattività del campo acustico, si assume solitamente che tale indice debba risultare inferiore a 10 dB in tutte le bande di frequenze di interesse. Nel campo vicino delle sorgenti esso risulta spesso molto alto (campo molto reattivo), quindi in generale le misure vanno effettuate a distanze opportune.
Le prestazioni dell’apparato di misura dell’intensità vengono poi valutate mediante il calcolo dell’indice pressione-intensità residua ottenuto dalla differenza tra il livello di pressione e il livello di intensità misurati quando lo sfasamento tra le due onde di pressione che incidono sui microfoni è nullo.

L’intensità vera è in tal caso nulla, ma a causa dell’errore di fase tra le risposte dei due trasduttori si legge una certa intensità residua 0 I ; questa grandezza risulta quindi essere la differenza tra l’intensità stimata e quella vera. Il valore dell’indice pressione-intensità residua per ogni banda di frequenza viene misurato con un apposito accoppiatore di microfoni di cui sono dotati i calibratori intensimetrici e diventa una caratteristica dell’apparato di misura per la particolare configurazione
utilizzata (dimensione e spaziatura microfoni) e nelle condizioni di pressione e temperatura dell’aria presenti all’atto della misura.
Quando si effettua una misura intensimetrica in campo si può utilizzare l’indice pressione-intensità residua per verificare l’accuratezza della misura.
Si può definire 1’indice di capacità dinamica dell’apparato di misura dell’intensità la quantità:

che indica il minimo valore accettabile dell’indice pressione-intensità residua per poter ottenere un certo grado di precisione. Il fattore di errore sistematico K dipende dal grado di precisione desiderato. Se l’errore dovuto allo sfasamento dei due microfoni deve essere inferiore ad 1 dB, allora K assume il valore di 7 dB. Tale verifica può essere effettuata, allo stesso modo, controllando che l’indice pressione-intensità, per ogni misura, non risulti superiore alla capacità dinamica del sistema di misura.
L’intensimetro ha un campo dinamico molto più ristretto rispetto a quello di un fonometro. Ciò richiede di regolare accuratamente il fondo scala dello strumento in base all’intensità che devo misurare in modo che quest’ultima cada nel campo dinamico dello strumento.


Metodo utilizzato per campionare l’intensità acustica

Poiché l’intensità sonora è una densità di flusso di potenza che è normalmente misurata istantaneamente in un solo punto dello spazio, servono delle procedure pratiche per campionare la distribuzione di intensità sopra ad una certa superficie.
La tecnica di campionamento per punti, quella utilizzata, richiede che la sonda intensimetrica venga posizionata nei vari punti di una griglia di misura (reale o immaginaria), più o meno fitta a seconda del tipo di sorgente.
La sonda va mantenuta, per ogni punto, in posizione ortogonale rispetto alla superficie di misura, ad una distanza dalla sorgente variabile dai 10 ai 50 cm a seconda del campo sonoro in cui ci si trova, per un tempo dipendente dal tipo di rumore e comunque sufficientemente lungo per avere risultati ripetibili.

di Ing. Luca Frulli

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